Storia |
Il vitigno Lambrusco Marani deriva, come anche gli altri Lambruschi coltivati in Emilia, da viti vinifere selvatiche, presenti nell'antichità in tutta Italia. I latini chiamavano "Lambrusca vitis" tutta una serie di vitigni selvatici che davano acini piccoli e aspri e non venivano generalmente utilizzati per la vinificazione. Solo intorno al 1825, grazie ad Acerbi, si iniziò a fare una distinzione tra i vitigni derivati dalle viti selvatiche, e fu in questa occasione che per la prima volta venne menzionato il nome Marani. |
Caratteristiche ampelografiche |
Foglia: media grandezza, rotondeggiante, trilobata e talvolta intera, seno peziolare a V molto aperto (a volte quasi a graffa), seni laterali superiori a V-U poco profondi; pagina superiore glabra, verde, opaca; pagina inferiore sublanugginosa e di colore verde; lembo quasi piano, lobi poco marcati, angolo alla sommità del lobo terminale quasi retto; superficie del lembo bollosa; nervature di l°-2°-3° ordine sporgenti, verdi, più chiare sulla pagina inferiore; denti poco pronunciati, regolari, convessi, mucronati, a base larga.
Grappolo: grandezza media, allungato (lungo circa cm 25), cilindrico (o cilindro-piramidale), mediamente compatto; peduncolo visibile, erbaceo, verde-rosato.
Acino: medio (diametro circa mm 13), sferoide, regolare; ombelico persistente; buccia pruinosa, di colore blu-nero, spessa e consistente; polpa succosa, di sapore neutro; pedicelli di media lunghezza, verdi, cercine poco evidente, verde; pennello corto, violaceo. |