Bonarda

Descrizione

Il vitigno Bonarda fa la sua comparsa nel 1700 quando viene nominato in alcuni documenti piemontesi. Fu il Conte Nuvolone nel 1799 a descrivere questo vitigno parlando di uve rosse sulle colline torinesi e successivamente Acerbi nel suo noto scritto del 1825 descrisse la Bonarda come “uva dell'alessandrino”.

In realtà si tende a fare confusione quando si parla di Bonarda in quanto viene spesso accomunata ad un altro vitigno omonimo: Bonarda Croatina.

Il disorientamento deriva dal fatto che il vitigno Croatina originario dell’Oltrepò Pavese, viene lì chiamato Bonarda; ecco perché fu necessario dar vita alla DOC Bonarda Oltrepò Pavese per distinguerlo da quella che viene considerata la Bonarda “originale”.

Il vitigno Bonarda si distingue per la presenza di foglie dalla forma pentagonale, cuneiforme e pentalobata di medie dimensioni e da un grappolo di grandezza media, abbastanza compatto.

L’acino della Bonarda è mediamente piccolo e si contraddistingue per una forma ovoidale dalla buccia pruinosa di colore nero-blu.

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Informazioni su Bonarda

Vitigno Bonarda
Sinonimi bonarda di Chieri, bonarda di Gattinara, balsamina.
Colore bacca Bacca rossa
Aromaticità Neutro
Vigoria Ottima
Maturazione Seconda metà di settembre.
Produttività Media o più che media. La "Bonarda" si dimostra adatta per sistemi di potatura tipo Guyot, con un solo capo a frutto di 8-10 gemme, come norma. Le convengono quindi la disposizione a filari e la potatura tipo Guyot in uso nel Chierese e nell'Astigiano. Allorché la vite è divisa in due branche portanti ciascuna un tralcio fruttifero, avviene facilmente di notare una vegetazione di vigoria appena media od anche un po' depressa, una lignificazione un po' stentata della porzione terminale dei tralci, una produzione di grappoli piuttosto piccoli e appena medi, che stentano a raggiungere la completa maturazione. I grappoli grandi (anche ramificati) e ben maturi sono propri delle viti con un solo tralcio fruttifero.
Zone di coltivazione E' diffuso sulle colline torinesi ed in quelle circostanti.
Storia La prime notizie del vitigno sono del 1700, quando inizia ad essere citato nei documenti piemontesi. Successivamente la Bonarda viene descritta dal Conte Nuvolone nel 1799 come uva del torinese, e poi da Acerbi nel suo famoso lavoro del 1825 come uva dell'alessandrino. Il primo a differenziare però la Bonarda dalle altre uve ritenute geneticamente uguali fu Di Rovasenda nel 1877. Non mancano comunque gli elementi di confusione anche in Piemonte.
Caratteristiche ampelografiche Foglia: di grandezza media e grande, orbicolare, tri o pentalobata; pagina superiore glabra, colore verde cupo. Grappolo: i grappoli normali sono più che medi o grandi (lungh. cm 16-20), piramidali o conici, alati (talvolta anche con tre ali), mediamente compatti, ma più tendenti a spargoli che a compatti. Sono però abbastanza numerosi anche i grappoli meno che medi e di forme varie, ma anche (notati specialmente a Castelnuovo Don Roseo) quelli molto grandi e ramificati. Rachide lunga e forte; peduncolo semilegnoso, lungo da 1/4 ad 1/3 del grappolo, semilegnoso, di grossezza appena media. Acino: medio; rotondo o lievemente ellissoide; ombelico persistente, ma poco visibile, confondendosi col colore della buccia; sezione trasversale regolare, circolare; buccia ben pruinosa, piuttosto spessa, resistente, un po' coriacea; colore nero-violaceo regolarmente distribuito; succo lievemente colorato in rosso; polpa succosa, molle; sapore semplice, zuccherino; pedicello medio; verde; cercine evidente, rosso scuro; pennello corto, incolore e trasparente, con qualche fibra rossa nell'interno; separazione del pedicello dall'acino un po' difficile.
Caratteristiche del vino che si ottiene con questo vitigno Con la bonarda si ottiene un vino di colore rosso rubino molto intenso e vivace, con sfumature violacee, profumo intenso, vinoso e fruttato. Il gusto è sapido, in genere poco tannico, piacevolmente morbido e fresco, equilibrato, di media struttura e persistenza aromatica con sfumature fruttate.
Note Resistenza alle malattie ed alle avversità: la "Bonarda" è più sensibile alle brinate della Freisa. Ha un comportamento soddisfacente nei riguardi dell'oidio, un po' meno alle tignuole dell'uva e al marciume degli acini; è invece molto sensibile alla peronospora, tanto che viene considerata "vite spia" per la comparsa di tale malattia. Nelle primavere sfavorevoli va piuttosto soggetta all'acinellatura e anche alla colatura.

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